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Le 7 domande che ti impediscono di investire i tuoi soldi

Le 7 domande che non ti fanno investire i tuoi soldi

…e io ti darò le riposte

1. Se voglio conservare il mio patrimonio, perché lo devo mettere a rischio, investendo?

 

Investire significa per prima cosa accettare una componente di alea, di incertezza, che in ambito finanziario prende il nome di volatilità

 

E’ una domanda logica e comprensibile, però pensaci bene, se si vuole vedere crescere il patrimonio, qualcosa bisogna rischiare.

 

Con questo, non voglio dire che non esistano perdite o rialzi, anzi, la storia ci insegna. Avverto sempre prima il mio cliente che il futuro non lo posso conoscere, ma conosco molto bene il passato, i crolli che si sono verificati e ritengo siano inevitabili. Certo, alcuni scenari si possono immaginare o prevedere, si possono fare dei ragionamenti probabilistici, anche se comunque il margine di errore, l’imponderabile ci sarà sempre.

 

Ma a un periodo di ribasso sono seguiti lunghi periodi di rialzi che hanno recuperato e superato il punto massimo precedente.

 

Ti faccio un esempio: la crisi del 2008 aveva portato l’indice Standard’s and Poor 500 ai livelli di 11 anni prima. Nel quinquennio successivo, però, lo stesso indice ha messo a segno un rialzo annualizzato del 15,5%. E anche chi fosse entrato nel 2010 avrebbe beneficiato di un +13,9% annualizzato fino a fine 2017.

Le soluzioni sono due:

  • non farsi prendere troppo da un coinvolgimento emotivo
  • investire con un arco temporale fra i 3 e 5 anni, tra i 4 e i 7 anni, tra 6 e 10 anni e anche
    dai 10 anni in poi, vita natural durante.

2. Investimenti? Non ci capisco nulla e non mi interessa

Non c’è niente di male a non capirci nulla, ognuno ha il suo lavoro ed è anche normale che ci si senta impreparati, insicuri e indecisi quando si tratta di risparmi: è un mondo complesso.

Aggiungiamo anche che la fiducia sia calata al minimo negli ultimi 4 anni e che ci siano pochi strumenti per capire questa materia (ecco perchè io provo a fare educazione finanziaria).

Ricordati che se ti rifiuti un approccio a questo mondo, avrai più possibilità di essere “fregato” da chi ti propone prodotti costosi ed inefficienti, spacciandoli per “prodotti garantiti” o “occasioni da non perdere”.

La soluzione: quando devi investire devi per forza di cose acquisire un livello minimo di conoscenza per poter affidare ad altri il tuo patrimonio. Il consulente finanziario è la persona giusta: ti descrive i vari gradi di rischio degli strumenti finanziari, indicandoti quelli che sono a più basso rischio fino a quelli dove puoi rischiare il 100%. Dopodiché, occorre definire il tuo profilo finanziario, determinando quali sono gli orizzonti temporali, la tua propensione al rischio e le conseguenti aspettative di rendimento.
Il consulente fa emergere esigenze presenti, latenti e inespresse, ti aiuta a scegliere quello che nel tempo sia meglio per te e ti aiuta a monitorare l’evoluzione dell’investimento, ma non sceglie per te, ti aiuta a scegliere.
E ricorda che il consulente finanziario non è necessariamente “roba da ricchi”

3. Non è meglio tenere i soldi nel conto corrente?

Eccola lì, una delle domande più frequenti che mi è stata posta.

Quante volte ho sentito ripetere “preferisco tenere dei liquidi, non si ma mai”, oppure “ho paura dell’andamento delle borse e dello spread

E la mia risposta è “anche se hai pochi spiccioli sul conto, non sei al riparo!”.

Lo so che magari la tua famiglia ha i soldi depositati in quell’Istituto da sempre, oppure che il direttore è un tuo “amico”, questo non è una garanzia di solidità.

Hai controllato gli interessi che il tuo conto ti offre? Secondo me sono praticamente pari a zero e questo, fa sì che i tuoi soldi sul conto perdano valore nel tempo a causa di:

  • inflazione (dicono sia l’1,8% annuo????);
  • bollo Monti 0,20% annuale;
  • spese di tenuta conto;
  • assicurazioni non volute;
  • commissioni di operazioni fatte allo sportello;
  • rischio di bail-in

Infatti, l’inflazione riduce il potere d’acquisto dei tuoi risparmi.
Pensa che con un’inflazione annua dell’1,5%, (un’ipotesi abbastanza conservativa e più bassa del target fissato dalla BCE del 2%), in soli 15 anni i tuoi risparmi sul conto corrente si riducono del 22,5%.
E le spese? Magari spendi 10 euro al mese per tenere aperto un conto.

La soluzione: l’unico modo per combattere e avere la meglio sugli effetti del “caro-vita” è di investire i tuoi risparmi diversificando sui mercati finanziari, tramite “asset class” monetari, obbligazionari, azionari, alternativi e flessibili.

4. C’è troppa incertezza sul mercato, preferisco disinvestire.

Lo so che per l’investitore è meglio rimanere nella propria comfort zone, piuttosto che rischiare.

Durante le fasi di rialzo prolungato dei mercati, è normale essere più ottimisti in merito al futuro.
Anzi, l’ottimismo tende a raggiungere il punto massimo nello stesso momento in cui il mercato raggiunge il livello di picco

Per contro, il pessimismo raggiunge il livello massimo prima che le condizioni inizino a migliorare.

Questo non significa che devi cercare di prevedere e anticipare i picchi e i minimi di mercato, ma che dovresti evitare di reagire in modo eccessivamente emotivo, tanto all’ottimismo quanto al pessimismo dei mercati.

E cosa succede in questi casi? Accade che l’investitore spesso faccia esattamente il contrario di quello che sarebbe ragionevolmente fare: disinvestire
E’ un comportamento umanamente comprensibile dettato però dalle emozioni, in questo caso, dalla paura di perdere tutto.

Le soluzioni sono tre:

  • non voglio dirti che devi cercare di prevedere e anticipare i picchi e i minimi di mercato, ma il mio consiglio è di evitare di reagire in modo eccessivamente emotivo tanto all’ottimismo quanto al pessimismo dei mercati;
  • quando si investe, occorre diversificare, comprare nei momenti di down e vendere nei momenti di rialzo. Se si è perso, rimanere investiti, così sarà più facile recuperare;
  • aprire un piano di accumulo sui mercati più volatili.

5. E se l’investimento mi rende poco?

Troppe sono ancora le persone convinte che quando si investe sia possibile conseguire un rendimento garantito, il “quanto mi rende questo investimento?”

Spesso mi è capitato di avere richieste di strumenti finanziari che portassero ad un rendimento “mordi e fuggi”, oppure clienti che desideravano onesti rendimenti o pochi rischi (vedi i BOT)

Clienti che hanno aperto un conto deposito con un vincolo di 6 o 12 mesi, non pensando che avrebbe portato a rendimenti pari a zero, visto il calo dei tassi di questi ultimi anni. Senza contare poi che un’eventuale uscita da questo vincolo prima della sua scadenza, comporterebbe delle penali. Alcune banche infatti prevedono l’applicazione di una penale che può arrivare fino all’1,5% dell’importo
svincolato. Se si considera che al momento il rendimento dei conti deposito più remunerativi si attesta intorno all’1,4%, il conto è presto fatto. Hai guadagnato o perso?

La mia soluzione: chi ha in programma di spendere i propri risparmi in tempi brevi, non dovrebbe investire.

Acquistare assets finanziari richiede tempo e pazienza, che se non rispettati trasformano l’investimento in scommessa

Non bisogna guardare l’investimento come se fosse un titolo obbligazionario con flusso cedolare, occorre andare oltre al rendimento calcolato di anno in anno.

Attraverso la diversificazione, si combinano tra loro diversi asset finanziari per formare un portafoglio dal quale ottenere il rendimento massimo possibile per un determinato livello di variabilità, compensando gli andamenti asincroni dei singoli titoli.

6. Perché io cliente devo pagare al consulente finanziario una commissione di servizio, quando il mercato va in ribasso e mi porta solo a perdite?

Spesso il valore del mio servizio è percepito dal cliente in base alle performance dell’investimento: se il mercato fila liscio è tutto ok, se invece cominciano ad esserci periodi negativi, allora inizia la crisi.

Innanzitutto occorre considerare il lavoro che il consulente deve attuare con il suo cliente, prima di dare il via ad un investimento: deve analizzare le esigenze del cliente, capire quelle che sono le sue priorità di vita, di salvaguardia dai rischi puri, di controllo delle dinamiche famigliari, di protezione del patrimonio non finanziario che la pianificazione finanziaria e patrimoniale comportano.
Lo so, sono tutte una serie di attività intangibili (e non retribuite), ma che serviranno poi al consulente per creare una strategia di pianificazione dell’investimento. Se prima non si acquisiscono questi dati, come si fa a proporre un piano?

Non credere che il lavoro sia finito qui, sotto la creazione del tuo portafoglio vi è un complesso processo di analisi dei mercati, di valutazione dei fondi di case terze, di calcolo dei rendimenti e dei rischi attesi. Se non vi fosse tale processo, infatti, il cliente dovrebbe essere in grado di scegliere da solo, a suo rischio e pericolo, come creare il suo portafoglio

Inoltre, il compito del consulente sarà quello per esempio di evitare l’errore di disinvestire quando il mercato è in ribasso.
Esempio: nel dicembre 2018 i mercati hanno raggiunto il -15 di rendimento, i portafogli hanno raggiunto il -7%, alcuni clienti mi hanno chiesto di disinvestire. Io ho posto loro questa domanda: quanto anni ci avresti messo a recuperare il -7% quando i
rendimenti sui conti correnti sono a 0?
Io li ho convinti a rimanere investiti ed hanno già recuperato il – 7%.
Per il futuro cosa succederà? Sicuramente il patrimonio crescerà.

7. E’ un buon momento per investire?

A mio parere è sempre un buon momento per investire.

Certo, devi aggiungerci una dose di pazienza e una di metodo e vedrai che i mercati ti sapranno
ricompensare. Ai miei clienti mostro sempre la piramide dei bisogni (Piramide dei bisogni di Maslow) che aiuta a focalizzare gli obiettivi reali da raggiungere.

Piramide dei bisogni

Prova a porti questa domanda prima di investire “chi sono le persone che devo proteggere e quali sono i progetti di vita che ho in mente e che vorrei realizzare?”.
Tutti hanno dei sogni da realizzare, alcuni non ne sono consapevoli.

La soluzione: gettare le basi per il futuro è importante. Per iniziare intanto, focalizzati sulla base della piramide, una soluzione potrebbe essere quella delle coperture assicurative e cioè proteggere i tuoi sogni da imprevisti, ma possibili.
Poi se vuoi possiamo continuare, seguendo gli step successivi.

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Le 10 bufale sulla pensione complementare

Le 10 bufale sulla pensione complementare

Ebbene si, anche nel settore del risparmio e della finanza circolano bufale. Che le si legga sui giornali, le si ascolti in televisione, che vengano tramandate con il passaparola, sono sempre le cosiddette “fake news”.

Vediamole assieme:

1. ” I risparmi sono vincolati e non posso mai accedervi, neanche in caso di bisogno” – FALSO:

La contribuzione e la periodicità sono scelte da te  al momento dell’adesione e possono essere variate in corso di contratto.

E’ possibile versare contributi aggiuntivi, interrompere e ripristinare successivamente la contribuzione, oppure far contribuire un soggetto terzo che effettua il pagamento per conto dell’aderente (ad esempio tuo figlio o tuo nipote)

E’ anche possibile proseguire i versamenti oltre l’età pensionabile, a condizione che alla data del pensionamento l’aderente possa far valere almeno un anno di contribuzione alla previdenza complementare.

Inoltre,  puoi chiedere un’anticipazione fino al 75% di quanto maturato, per particolari necessità ad esempio per far fronte a spese sanitarie di particolare gravità che possono riguardare anche il coniuge e i figli.

Devi aspettare invece almeno otto anni per poter richiedere un’anticipazione del 75% di quanto hai maturato, per l’acquisto della prima casa di abitazione per te e per i tuoi figli, o per le spese di ristrutturazione della prima casa.

Invece puoi richiedere un’anticipazione del 30% per altre esigenze di carattere personale.

2. “Solo i lavoratori dipendenti possono aderire alla pensione integrativa” – FALSO

Possono aderire:

  • Lavoratori dipendenti – con contribuzione volontaria e anche versando il  proprio TFR;
  • Lavoratori autonomi o liberi professionisti;
  • Lavoratori a progetto, occasionali ecc;
  • Soggetti fiscalmente a carico (anche minori);
  • Anche chi non svolge attività lavorativa (i tuoi figli) –  anche i genitori possono poi avere un ruolo previdenziale di sostegno a beneficio dei figli, se non lavoratori

Per i professionisti iscritti alle Casse previdenziali private occorre far riferimento ai requisiti anagrafici previsti rispettivamente dall’ente previdenziale di appartenenza (ad es. Cassa forense per gli avvocati, Inarcassa per ingegneri, architetti,  ecc…)

Per le casalinghe iscritte all’apposito fondo Inps, il requisito anagrafico per l’accesso alla prestazione previdenziale è oggi di 65 anni.

Per i pensionati soggetti non titolari di reddito da lavoro o di impresa (es. studente, disoccupato, casalinga non iscritta al fondo Inps) si considera come riferimento anagrafico l’età pensionabile prevista per i dipendenti privati.

3. I lavoratori dipendenti sono obbligati anche a versare il proprio TFR nel fondo pensione – FALSO

Non è obbligatorio, anche se lo consiglio vivamente. Pensa solo se l’azienda presso la quale lavori attraversasse una difficoltà economica, il tuo TFR sarebbe già salvaguardato, disponibile a tuo nome e quindi inattaccabile, perché depositato appunto  in un fondo.

 4. “Meglio lasciare il proprio TFR in azienda” – FALSO

Se lasciassi il TFR al tuo datore di lavoro, anche se si rimane creditori privilegiati nei confronti dell’azienda, non avrsti la certezza di monetizzare il tuo credito (rivedere i soldi).

Avresti  la possibilità di avere una capitalizzazione composta l’interesse che, una volta maturato va ad aggiungersi al capitale iniziale, divenendo anch’esso produttivo di interesse, quindi parte integrante dell’ammontare che andrà a generare interesse) per te più vantaggiosa rispetto all’1% annuo del TFR lasciato in azienda (il TFR si rivaluta max dell’1,5% l’anno).

Il TFR in azienda sconta un’aliquota media a tassazione separata che mediamente si attesta al 31%, mentre il TFR versato nel fondo sconta il 15% come massimo, sino ad arrivare ad un minimo dopo i  30 anni di versamento, del 9%.

Non è però deducibile fiscalmente.

5. “Una volta decisa la frequenza con la quale versare e l’ammontare dei contributi, non è più possibile modificarli: si è vincolati”. – FALSO

Aderire alla pensione integrativa è una scelta libera e volontaria.
Si può versare l’importo desiderato e decidere la frequenza (annuale, semestrale, quadrimestrale, trimestrale, bimestrale o mensile) o sospenderla o riattivarla.

6.“Al momento del decesso, si perde tutto ciò che si ha accantonato” – FALSO

In caso di decesso dell’aderente prima dell’esercizio del diritto alla prestazione pensionistica: la posizione individuale è riscattata dagli eredi o dai beneficiari designati dall’aderente (persone fisiche o giuridiche) o, in mancanza, eredi legittimi dell’aderente in parti uguali, oppure altri beneficiari liberamente scelti dall’aderente.

7. Se il gestore fallisce, perdi tutto – FALSO

La somma che maturi nel tuo fondo pensione è una “gestione separata” inattaccabile ed impignorabile, quindi non può  essere confiscata né dai creditori del gestore né da quelli dell’aderente, a differenza di quanto previsto per molti altri strumenti di risparmio.

8. Al momento del pensionamento non puoi richiedere il capitale, ma solo  l’erogazione di una rendita! – FALSO

La rendita verrà calcolata in base al capitale che avrai accumulato e alla tua età a quel momento.

Al momento del pensionamento, potrai scegliere di percepire, in luogo della rendita, un capitale fino a un importo pari al 50% di quanto hai accumulato, mentre il restante 50% verrà comunque corrisposto come rendita.

La liquidazione potrà arrivare al 100% solo nei casi previsti dalla normativa, ossia, l’importo che si ottiene convertendo in rendita vitalizia immediata senza reversibilità il 70% del capitale maturato è inferiore al 50% dell’assegno sociale che è pari alla pensione minima INPS che al 2019 è di 513 euro.

9. I fondi pensione non danno rendimenti – FALSO

Puoi scegliere i comparti di investimento (obbligazionario e/o azionario).

Prima di scegliere i comparti, è importante che tu faccia le opportune valutazioni sulla tua situazione lavorativa, sul patrimonio personale, sull’orizzonte temporale di partecipazione e sulle aspettative pensionistiche. Per questo ti verranno poste delle domande in fase di adesione al fondo pensione.

E’ importante che tu conosca le caratteristiche dell’opzione di investimento che scegli, perché a questi sono associati uno specifico orizzonte temporale – breve, medio e lungo periodo – e una propria combinazione di rischio e rendimento

Tieni presente che i rendimenti sono soggetti a oscillazioni e che i rendimenti realizzati nel passato NON sono necessariamente indicativi dei rendimenti futuri. E’ quindi consigliabile valutare i risultati in un’ottica di un lungo periodo.

Ti faccio un esempio: se tu scegliessi un’opzione di investimento azionaria, puoi aspettarti rendimenti potenzialmente elevati nel lungo periodo, ma anche ampie oscillazioni del valore di investimenti nei singoli anni (il che vuol dire che il rendimento può assumere valori molto alti, ma anche bassi o negativi).

Se scegliessi invece un’opzione di investimento obbligazionario, puoi aspettarti una variabilità limitata nei singoli anni, ma anche rendimenti più contenuti nel lungo periodo.

Ricorda però che anche le linee più prudenti non garantisco un investimento privo di rischi.

Se poi il consulente finanziario adotta la strategia della diversificazione dell’investimento, ovvero investire in diversi settori, si potrà:

  • proteggere il proprio patrimonio dai ribassi;
  • aprire nuove possibilità di investimento interessanti;
  • ottenere maggiori rendimenti a parità di rischio complessivo, rispetto che ad investire tutto il capitale in un’unica soluzione su di una singola linea di gestione o comparto

10. Il vantaggio fiscale della deducibilità si annulla con l’applicazione della tassazione finale! – FALSO

Il  fondo pensione viene tassato con un’imposta del 15% che si riduce ad uno 0,3% per ogni anno di partecipazione successivo al 15°, fino ad un’aliquota minima del 9%.

Non è tassata tutta la rendita erogata, ma soltanto la parte corrispondente ai contributi dedotti durante il periodo di partecipazione.

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Quello che devi sapere sul riscatto di laurea "low cost"

Quello che devi sapere sul riscatto di laurea agevolato

Con l’approvazione del decreto Legge 28 gennaio 2019, si torna a parlare di riscatto della laurea ai fini pensionistici. In un contesto, come quello attuale, in cui i requisiti pensionistici rimangono spesso una lontana utopia soprattutto per i giovani, e l’età della pensione è sempre più lontana, ritorna la possibilità di richiedere il “riscatto della laurea”, ma questa volta agevolato.

Cos’è il riscatto agevolato del 2019?

E’ una novità introdotta nel nuovo decreto pensioni 2019 e riguarda il riscatto della laurea (art. 20, comma 2) da parte di chi non ha ancora raggiunto i 45 anni di età (nati dopo il 1974) e ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, quindi con il sistema pensionistico contributivo.

Si tratta di una possibilità che consente di riscattare gli anni del corso regolare di laurea ai fini pensionistici con una particolare agevolazione finanziaria: un costo di 5.240 euro per ogni anno riscattato. In sostanza, con lo stesso onere finora concesso ai giovani che non hanno ancora iniziato a lavorare.

Di sicuro si tratta di un’opportunità in più a disposizione dell’interessato, perchè consente di riconoscere alcuni periodi della vita (come per es. i periodi di studio) che sono scoperti dal punto di vista previdenziale.

Il limite anagrafico dei 45 anni potrebbe addirittura essere elevato a 50 anni in sedi di conversione del decreto legge, secondo quanto affermato dal vice ministro del lavoro Claudio Durigon.

Chi può riscattare la laurea?

Chi è in possesso di:

  • i diplomi universitari (corsi di durata non inferiore a due anni e non superiore a tre);
  • laurea (corsi di durata non inferiore a quattro e non superiore a sei anni);
  • diplomi di specializzazione che si conseguono successivamente alla Laurea ed al termine di un corso di durata non inferiore a due anni;
  • i dottorati di ricerca i cui corsi sono regolati da specifiche disposizioni di legge;
  • i titoli accademici introdotti dal decreto n. 509 del 3 novembre 1999 cioè: Laurea (L), al termine di un corso di durata triennale; Laurea specialistica (LS), al termine di un corso di durata biennale a cui si accede con la laurea.

Inoltre, possono essere ammessi al riscatto i diplomi rilasciati dagli Istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM), con riferimento ai nuovi corsi attivati a decorrere dall’anno accademico 2005/2006, e che danno luogo al conseguimento dei seguenti titoli di studio:

  • diploma accademico di primo livello;
  • di secondo livello;
  • di specializzazione;
  • formazione alla ricerca;

Conviene e quanto costa?

Normalmente il riscatto della laurea si richiede quando il lavoratore desidera recuperare anni di laurea onde aumentare l’assegno mensile che l’Inps corrisponderà, oppure per accelerare i tempi del pensionamento.

Ecco, in merito al nuovo riscatto agevolato 2019 è valido solo per arrivare prima al traguardo della pensione ma non incide minimamente sulla misura dell’assegno.

Quindi, non serve per migliorare la propria pensione, ma per acquisire anzianità ed andare in pensione 4 anni prima del previsto.

Conviene al laureato che ha iniziato a lavorare subito dopo aver conseguito la laurea, perché ha oneri fiscali deducibili.

E il costo?

Il costo del riscatto agevolato è calcolato con le modalità della laurea per i disoccupati.

Il riscatto non avrà un costo proporzionale all’ultimo reddito imponibile, ma sarà pari al 33% del minimale di reddito soggetto a imposizione della Gestione Inps di artigiani e commercianti, cioè 15. 878 Euro (5.240 : 33%)

Il costo per ogni anno di riscatto ruoterà attorno 5.240 euro e sarà rateizzabile in un massimo di 10 anni, senza interessi e rappresenterà un onere deducibile nell’anno o negli anni di imposta in cui viene materialmente sostenuto.

Ti faccio un esempio: se il laureato già dipendente guadagna 30.000 euro lordi l’anno:

  • con il riscatto ordinario per ciascun anno di laurea riscattato sarebbe pari a € 9.900,00 (il 33% di 30.000) rispetto ai 5.240,00 che verserebbe con il riscatto “light”.
  • con la nuova agevolazione, nel caso di riscatto di 4 anni pagherebbe un importo di 20.960,00 euro (5.240 x 4) euro anziché di 39.600,00 (9.900,00 x 4).

Quindi, oltre al risparmio contributivo previdenziale INPS, vi è  un risparmio fiscale pari all’aliquota IRPEF marginale; la somma pagata per il riscatto va a ridurre l’imponibile, come se si trattasse di contributi obbligatori. Quindi i 5.240 euro vanno ad abbattere il reddito.

Ecco la tabella con gli scaglioni e le aliquote attualmente in vigore.

Se ne desume che c’è una deducibilità fiscale minima del 23 e massima del 43%.

 

Aliquote IRPEF 2019

Ecco un esempio grafico tratto dal Sole 24 Ore che rappresenta 4 casi a confronto con il sistema agevolato contro quello ordinario

Grafico_Riscatto Laurea 2019

Un’opportunità fiscale anche per i genitori?

Se la laurea “low cost” sia  un’opportunità fiscale per i genitori è ancora da chiarire, ma il discorso del riscatto potrebbe essere interessante. I genitori, in quanto consapevoli delle difficoltà d’ingresso nel mondo del lavoro dei propri figli, sembrano essere più motivati a mettere nel paniere dei contributi gli anni di corso.

Il genitore farebbe bene a muoversi in anticipo, perché se il laureato è a carico del genitore, quest’ultimo potrà effettuare il riscatto previsto per i disoccupati con una detrazione del 19%.

Quali sono i limiti?

Come anticipato precedentemente, il soggetto interessato:

  • non deve aver compiuto 45 anni di età (questo limite è stato posto per rendere matematicamente impossibile usare il riscatto della laurea per accedere alla pensione anticipata con quota 100)
  • non deve aver lavorato durante il percorso universitario (salvo lavori estivi o di breve durata)
  • non essere titolare di pensione;
  • è possibile solo per i periodi da valutare con il sistema di calcolo pensionistico contributivo.
  • è possibile solo per chi versa contributi INPS]* e questo è un limite per la categoria degli avvocati, ingegneri, architetti, giornalisti e medici, dato che hanno una cassa previdenziale privata. Dovrà essere la stessa a decidere di percorrere questa strada.

* grazie al cumulo contributivo potenziato dal 2017 – per chi abbia carriere contributive frammentarie e almeno un contributo accantonato in una gestione Inps, queste nuove chance potranno essere colte nell’ottica di riunire le contribuzioni, una volta raggiunti requisiti, con la facoltà gratuita del cumulo in base alla legge 228/2012.

Ecco il grafico dei 4 percorsi messi a confronto (Fonte Sole 24 Ore)

Grafico_riscatto di laurea percorsi a confronto

In conclusione...

Mi rendo conto che in molti penseranno che tanto l’età pensionabile per i giovani è ancora lontana e  si alzerà ancora negli anni, e lo credo anche io, ma l’aver accelerato i tempi per raggiungere la pensione rimarrà un dato immodificabile e quindi il lavoratore che ha scelto questa strada andrà in pensione sempre 4 anni prima rispetto a chi non ha richiesto il riscatto.
Ricorda che la pensione non è una rendita finanziaria, ma è basata anche sul principio di mutualità.

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2018 un anno eccezionalmente difficile

2018: un anno “eccezionalmente” difficile

Il 2018 si è rivelato un anno particolarmente difficile, con una percentuale elevata di componenti finanziarie (asset class) in territorio negativo che ricalca anni di crisi.

Confronto performance asset class 2005_2018

Se si osserva il grafico dell’andamento storico delle componenti finanziarie (asset class)  dal 2007 al 2018 si comprende la straordinarietà delle performance negative su tutte le asset class,  con esclusione di quelle legate al dollaro. Utilizzando la legenda, già al primo impatto, si nota come gli asset colorati di “verde”, ovvero quelli positivi, a fine anno siano addirittura inferiori a quelli  del 2008 , a dimostrazione delle “eccezionalità” del 2018. L’anno scorso è stato persino peggiore del 2008, anno della crisi finanziaria ed economica legata ai mutui sub prime americani.

Infatti se si osserva: l’asset Monetario Usa e il Governativo Usa risultano essere i migliori del 2018, mentre nel 2017 erano stati i peggiori.

Invece l’asset Azionari Em e  Azioni ITALIA risultano essere  i migliori del 2017, nel 2018 sono fra i peggiori.

Dal 2005 al 2018 le componenti finanziarie (asset class), si sono alternate in maniera vorticosa, a volte con un contributo più o meno rialzista o più o meno ribassista..

Tutto questo è possibile saperlo prima? Si, se il patrimonio è diversificato tra le componenti finanziarie.

Per questo io sconsiglio sempre di rinunciare alla diversificazione, in quanto l’alternanza dei risultati nel corso degli anni, darà la possibilità di recupero di quello che oggi appare perduto.

In finanza, perde solo chi vende durante una fase di ribasso e compra dopo una fase di rialzo.”

“In finanza guadagna chi integra la quota ribassista acquistando, chi liquida la quota rialzista vendendo.”

2019: rischio di recessione prematuro?

Osserva di nuovo il grafico, se noti, il 2008 ha una prevalenza di colore rosso (valori negativi), ma nel 2009 invece prevale il verde, stessa cosa tra il 2011 e il 2012.

Quindi, il 2019 dovrebbe essere un anno meno negativo delle premesse del 2018, l’uso del condizionale è doveroso, perché di garantito non c’è nulla.

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Il consulente finanziario non è un impiegato di banca

Il consulente finanziario non è un impiegato di banca

Spesso mi trovo di fronte persone alquanto confuse sulla vera natura della consulenza personalizzata.
Non tutti infatti conoscono la mia professione, dato che spesso viene accomunata a quello dell’impiegato di banca (senza togliere nulla a questo lavoro), ma non è così. 

Nelle banche ordinarie i servizi di investimento vengono offerti tramite la figura dell’ addetto titoli che ti colloca esclusivamente i servizi di investimento della Banca, nell’ambito di un’offerta al pubblico standardizzata, non affrontando le variabilità.
Una volta che tu investitore firmi, ti assumi tutti i rischi finanziari derivanti  dalla variabilità del prezzo, la liquidità, la valuta  e tutti gli altri fattori di rischio. In questa maniera, l’intermediario finanziario si deresponsabilizza da tutto quello che accade successivamente all’acquisto o vendita del titolo stesso.

E questo ti dovrebbe far riflettere :  ti ricordi quello che è  successo con le obbligazioni subordinate di Banca Etruria, MPS, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Cassa di Risparmio di Ferrara ed altre ancora?

Inoltre, l’addetto titoli viene frequentemente spostato da un’agenzia all’altra, per non dovere rispondere a consigli errati e risolvere eventuali lamentele.
Con questo non sto affermando che sia difficile individuare dei buoni addetti titoli, ma, a differenza del consulente finanziario, non sono autonomi e devono rispettare gli ordini impartiti dalla direzione generale. Secondo te,gli interessi della Direzione generale, possono coincidere con i tuoi? Il conflitto di interessi sta in queste semplici parole.

L’assistenza del consulente finanziario invece è continuativa, basata sulla relazione umana che porta ad avere fiducia.
Il consulente utilizza  la diversificazione, combina tra loro diversi titoli per formare un portafoglio dal quale ottenere il rendimento massimo possibile per un determinato livello di variabilità, compensando gli andamenti asincroni dei singoli titoli.
Il suo obiettivo è quello di ridurre la variabilità derivanti dalla volatilità dei mercati, offrendo una maggiore stabilità del tuo portafoglio nel tempo. L’andamento del tuo investimento sarà poi monitorato periodicamente dal consulente.

Per quanto riguarda il compenso: il consulente non ha uno stipendio fisso, ma percepisce una percentuale sui capitali che segue. Ti faccio un esempio: se i clienti vedono decurtare il proprio capitale, la stessa cosa succede al mio compenso, quindi devo fare scelte oculate su cosa proporre,perché la sicurezza e la crescita del patrimonio conviene ad entrambi ed esporlo a rischi  non conviene a nessuno.

Diversamente, l’addetto titoli ha uno stipendio fisso e comunque vada l’investimento che ti ha proposto, per lui non cambia nulla, la sua retribuzione sarà sempre la stessa.

Inoltre, il consulente ha superato un esame professionale per essere iscritto all’albo dei consulente finanziari e deve mantenere una formazione costante prevista dall’organo preposto al controllo e amministrato dalla Consob.

Ecco uno schema riassuntivo per farti capire la differenza tra i due ruoli:

Differenza tra addetto titoli e consulente finanziario
Differenza tra addetto titoli e consulente finanziario

DIFFERENZE FRA BANCA TRADIZIONALE E BANCA RETE DI PROMOZIONE FINANZIARIA

Quali servizi mi offre la Banca?

Chiarito che i servizi di investimento in una banca tradizionale vengono offerti per il tramite di un impiegato chiamato appunto addetto titoli , credo che a questo punto sia normale domandarsi quali servizi vengano offerti:

  • Negoziazione per proprio conto
  • Sottoscrizione e Collocamento
  • Best Execution

Negoziazione per proprio conto: Si concretizza nell’acquisto dal cliente o vendita allo stesso di titoli di proprietà.

Sottoscrizione e Collocamento: la banca verifica l’adeguatezza delle operazioni tramite un questionario occasionale e dopo il collocamento, quindi dopo la vendita del prodotto, tutto quanto ciò che succede ricade sotto la responsabilità del cliente. Con l’apposizione della firma in calce al modulo,tu investitore/risparmiatore ti assumi tutti i rischi finanziari. 
Il metodo di lavoro è standardizzato, come in una catena di montaggio. Il portafogli risparmi dei clienti tenuti presso le banche alla lunga finiscono tutti con l’assomigliarsi

Best Execution: i titoli vengono custoditi e amministrati in un dossier dove la responsabilità della banca è la sola custodia degli strumenti finanziari. Attraverso la firma in calce ai moduli,tu  assumi i rischi derivanti dalla variabilità del prezzo, la liquidità, la valuta in cui è denominato e tutti gli altri fattori di rischio. Quindi, l’intermediario finanziario si deresponsabilizza da tutto quello che accade successivamente all’acquisto o vendita del titolo stesso. Il cliente è il responsabile, nel bene o nel male.

MIFID: la soluzione

In sostanza, tra investitore e banca, non c’è la giusta informazione e comunicazione. Ed ecco che entra in gioco la MIFID, la base su cui si poggia la mia professione. MIFID è un acronimo inglese (Market in Financial Instruments Directive)ed è una serie di normative definite a livello europeo con lo scopo di proteggere la parte debole, “il risparmiatore”, nei rapporti con le Istituzioni Finanziarie (Banche) ed uniformare le regole di condotta nei rapporti tra gli intermediari e la clientela. Quindi armonizzazione della tutela degli investitori a livello europeo.

Con la MIFID si è dato il via alla “TRASPARENZA”, perché viene sancito l’effettivo costo SOSTENUTO per la gestione dei risparmi .  In definitiva, la MIFID aiuta me professionista a poterti offrire lo strumento più adatto, limitando la varianza negativa alla tua tolleranza alla variabilità.

La MIFID II (entrata in vigore nel gennaio 2018)ha così  indotto gli intermediari finanziari a rendere noto per iscritto il costo effettivo complessivo che l’investitore sostiene per la gestione dei propri risparmi.

Inoltre, il miglior servizio che gli intermediari possono offrire è la consulenza finanziaria personalizzata: occorre fare la storia del tuo passato, raccogliere le informazioni patrimoniali e reddituali e capire cosa aspiri ad avere nel futuro. Il tutto tramite un questionario composto da 19 quesiti. Il questionario deve essere compilato nel modo più aderente alla realtà possibile, in quanto servirà al consulente per fare una pianificazione finanziaria basata sulle tue esigenze.

Infatti la normativa MIFID non consente di consigliare strumenti finanziari che eccedano il rischio massimo accettabile del cliente o che possano mettere a repentaglio o addirittura azzerare il patrimonio. 
Es:obbligazioni subordinate, azioni Monte Paschi, giusto per intenderci.

Questo perché la consulenza ha, come obiettivo, la salvaguardia del tuo patrimonio, attraverso una pianificazione finanziaria del risparmio presente e di quello futuro.

I mercati si muovono indipendentemente da noi,pertanto il monitoraggio costante è una parte notevole del mio lavoro ed anche la più delicata, perché quando fatta con scrupolo, consente di poter correggere la rotta per tempo rispetto al piano tracciato all’inizio con il cliente.

Inoltre, in funzione degli strumenti finanziari, prescelti o consigliati, ti guida alla scelta del regime fiscale adeguato.

Conosci la differenza fra regime dichiarativo, amministrato e gestito?

Ti ho chiarito le idee?

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Cosa fa realmente un consulente finanziario? La mia giornata tipo

Voglio distaccarmi per una volta dai contenuti di educazione finanziaria o argomenti tecnici, per spiegarti cosa fa realmente un consulente finanziario, utilizzando come esempio la mia giornata tipo.

Voglio premetterti che il Patrimonio dei clienti è investito con una diversificazione globale : prendo informazione in merito all’andamento dei mercati azionari, obbligazionari e valute estere degli Stati Uniti,  Europa e Asia. Pensa che il mercato finanziario italiano rappresenta solo il 2%.
Ho acquisito nel tempo una sensibilità che mi consente di approssimare le variazioni in rialzo e in ribasso, quando la torta finanziaria lievita o si sgonfia

Arrivato in ufficio, accendo il computer apro la casella di posta elettronica , dando la precedenza alle esigenze dei clienti, leggo le opinioni macro economiche conseguenti ad eventi socio politici pubblicate nel web. Se Trump scrive un tweet inerente all’andamento economico non si può non leggerlo e vedere che conseguenze ha scatenato…

Verso le 9 iniziano i miei appuntamenti con i clienti , gli incontri possono avvenire sia nel mio ufficio, sia  a domicilio, dipende dalla esigenze. Di solito mi concentro su 3 clienti al giorno. Per ognuno presento la situazione attuale degli investimenti, il loro andamento e in caso di momenti di crisi, perdite e ribassi. devo tranquillizzare il cliente e farlo ragionare, perché spesso la sua tentazione è quella di disinvestire. Grosso errore! Uno dei miei motti è:

comprare nei momenti di ribasso e vendere nei momenti di rialzo

Lo so, sembra assurdo, ma credimi che è la strategia migliore.

Nel pomeriggio, spesso, partecipo ad eventi organizzati da società di gestione terze, durante i quali mi aggiorno sulla macroeconomia e acquisisco opinioni che mi aiutano ad orientarmi nei mercati finanziari.

Inoltre, devi sapere che per mantenere l’iscrizione all’Albo dei consulenti finanziari e alla IVASS (Istituto della Vigilanza sulle assicurazioni) , devo fare corsi di certificazione con almeno 160 ore di frequenza e superare i relativi di test per mantenere l’abilitazione. Sono corsi che spesso mi danno stimoli ad agire e mi forniscono soluzioni da presentare poi ai clienti.

Alle 19 la mia giornata lavorativa si conclude.

La parte a cui do più peso è ovviamente quella della cura dei miei clienti per non perdere mai di vista i loro obiettivi di vita  e non deluderli. Hai presente il coach? Ecco, si può affermare che il mio ruolo sia anche quello, e cioè ti aiuto ad evitare gli errori più comuni e per errori intendo quelli dovuti all’emotività. Le emozioni sono il nemico numero uno della finanza.

Cosa fa realmente un consulente finanziario?

Pensa per un attimo a quante volte nella vita siamo messi alla prova:  nuovi progetti, nuove esigenze, difficoltà impreviste che ci hanno obbligato a reperire le risorse economiche necessarie.

Prova a pensare a quanto tempo dovresti impegnare per formarti una cultura finanziaria, seguire le informazioni, selezionare strumenti finanziari adatti a te, monitorarli nel tempo occorrente per verificare un buon investimento, che cresca in un periodo a medio-lungo termine e fare la scelta giusta.

Ti pongo alcune domande: questo è nella tua disponibilità? Quanto tempo ti occorre? Cosa ne pensi di avere una persona di fiducia alla quale demandare? Questa attività deve essere remunerata?  Può essere gratuita?

Il potenziale cliente che ho davanti a me ha 3 opzioni: utilizzare il mio sevizio, fare da sé, oppure non fare nulla.
Il mio scopo è quello di farti evitare di scegliere le ultime due strade, altamente pericolose. Quindi, la mia figura professionale potrebbe fare al caso tuo: identificando i tuoi bisogni e/o problemi arriviamo assieme ad una possibile soluzione .

Giustamente vorresti poi vedere il tuo patrimonio crescere, difendere il tuo potere di acquisto, incanalare il tuo reddito e il risparmio in progetti con durate diverse, importantissime per determinare i migliori risultati

Grazie ai miei consigli e a buoni risultati, migliorerai il tuo tenore di vita ed anche la consapevolezza nella gestione dei risparmi.

Potrei dilungarmi ancora, ma credo che sia sufficiente dirti che il consulente è quella persona che ti aiuta a tutelare il presente, costruendo il tuo futuro!

Un esempio?

  • Ti aiuta a pianificare il tuo ciclo di vita
  • Ti aiuta a pianificare la tua pensione
  • Ti consiglia su come pianificare il cambio di testimone in azienda.
  • Ti aiuta a comprendere qual è la tua personale propensione al rischio, a quanto ne puoi sopportare senza andare in difficoltà e aiutarti a suddividere il patrimonio a breve, medio e lungo termine e riempire il salvadanaio previdenziale come un bicchiere: una goccia tutti i mesi.
  • Ti aiuta a farti risparmiare denaro. In che modo? Attraverso l’ottimizzazione fiscale. Hai una vaga idea di quante forme di tassazione gravano su ogni strumento finanziario? Sei costantemente aggiornato sulle loro modifiche o sull’introduzione di nuovi balzelli? L’ottimizzazione fiscale è uno dei miei compiti più importanti, la gestione delle varie tassazioni nel tempo, il loro variare e le loro modifiche possono impattare in maniera anche pesante sul tuo patrimonio.
  • Non ultimo: la riservatezza.. Il consulente, al pari di un medico o di un avvocato, è soggetto al segreto professionale. Quando un cliente parla con me, la sua privacy è assolutamente tutelata ed ogni consulente ha il proprio personale portafoglio clienti” protetto e blindato; non c’è scambio d’informazioni fra consulenti, se non in termini assolutamente generici
  • Monitora costantemente l’andamento dei tuoi investimenti per rimanere sempre aggiornati

Proprio di recente, leggevo che, secondo la Consob, solo il 20% degli investitori italiani sceglie di avvalersi dell’aiuto del consulente. Un po’ poco. Molti preferiscono piuttosto seguire i consigli di parenti e amici, come se la conoscenza finanziaria fosse il frutto del passaparola. Non conoscono i prodotti finanziari e non sono in grado di valutarne i diversi rischi. Credimi, a volte sono nascosti dietro nomi tranquillizzanti come per esempio “Garantiti”: in finanza di garantito non c’è nulla. Ti ricordi la crisi del  2007 e del 2009?

Poi capita che ci si fidi molto della propria banca e dei prodotti che propone, ma questa è un’altra storia…

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Coppie di fatto: come tutelare il patrimonio

Coppie di fatto: come tutelare il patrimonio?

Di recente un mio cliente mi ha posto quesiti interessanti : facendo parte di una cosiddetta “coppia di fatto uomo- donna” come può gestire il patrimonio finanziario e immobiliare? Essendo produttore principale di reddito, in caso di  infortunio o malattia come potrà tutelare anche i famigliari? Cosa è previsto per la reversibilità pensionistica e in caso di successione?

Ti spiego meglio il caso del cliente che chiameremo Michele: 45 anni,  libero professionista, convivente da 5 anni con una casalinga. Michele ha un divorzio alle spalle ed un figlio di 10  anni che vive però con la mamma a cui riconosce un assegno  di 1.600 euro al mese.
Inoltre, Michele ha acquistato un immobile dal valore di 300.000 euro ed è l’unico intestatario di posizioni finanziarie per circa 200.000 euro.

Le domande poste dal mio cliente sono più che giuste, perché trovarsi nella condizione di coppia di fatto potrebbe presentare delle situazioni critiche soprattutto per la protezione del patrimonio, per la successione ed anche per la previdenza.

Da un’indagine del 2016 risulta infatti che solo il 16% delle coppie non sposate ha adottato adeguate strategie di tutela. Un po’ poco.

Ho voluto così affrontare  diversi aspetti della questione, essendo il tema piuttosto ampio.

La coppia di fatto è formata da una donna e un uomo (da due persone) che decidono di convivere senza essere sposate. E’ ormai diventata una realtà sociale, ma non gode di nessun diritto, nessun dovere, nessuna  tutela rispetto a quella fondata sul matrimonio.
Persino le coppie uomo- uomo donna- hanno il riconoscimento giuridico dell’unione.

La tutela patrimoniale

Riprendiamo l’esempio iniziale di Michele

L’obiettivo che  proporrei a Michele per la sua pianificazione è quello di proteggere il patrimonio immobiliare e finanziario , tutelando al contempo l’attuale compagna

Quali soluzioni adottare?

  • Testamento con vincolo di destinazione della casa di proprietà a favore della figlia e usufrutto del convivente. Questo strumento imprime ad alcuni beni un vincolo, chiamato appunto di destinazione; un soggetto può creare un patrimonio separato rispetto a quello “generale”di cui è titolare. Quindi, si viene a creare una massa patrimoniale distinta e separata rispetto alla restante parte del patrimonio con un effetto segregativo. Possiamo affermare che l’atto di destinazione sta alle coppie di fatto, come il fondo patrimoniale sta ai coniugi.
    In questa maniera, la proprietà dell’immobile rimane al convivente, ma all’apertura della successione passerà alla figlia senza che possa essere aggredita da soggetti terzi.
  • Polizza vita e Fondo pensione per destinazione del TFR  con beneficiaria la convivente.
    Sia per la polizza vita che per il fondo pensione a favore della compagna si compensano la mancanza di diritti ereditari e previdenziali. Sottolineo anche che la polizza vita e il fondo pensione sono insequestrabili e impignorabili e questo tutela l’aggressione da parte di terzi per responsabilità inerenti alla libera professione di Michele.
  • Polizza Temporanea Caso Morte (TCM) a favore della convivente che potrà mettere a disposizione della compagna stessa quanto necessario al pagamento delle imposte di successione. Questa polizza si può utilizzare anche nel caso in cui Michele passasse a miglior vita. In questa maniera si potrà coprire il reddito dell’unico produttore, moltiplicato per 10 anni.
    Ipotizzando che il reddito di Michele sia di 50.000 euro, suggerisco una TCM di 500.000.
    La TCM si può utilizzare anche nel caso in cui si abbia un mutuo alle spalle e si debba ancora finire di pagare.

Un altro strumento giuridico che si può utilizzare è il Trust. Con questo si possono tutelare reciprocamente i due conviventi, creando uno strumento paragonabile a quello della comunione legale, ma con la libertà di fissare autonomamente le relative regole di gestione dei beni conferiti in Trust. Inoltre, si garantisce la tutela dei conviventi in caso di decesso, di temporanea o definitiva disabilità di un membro della coppia e nell’ipotesi in cui il rapporto abbia termine.

Nell’ideazione e programmazione del Trust è necessaria la presenza di un professionista avvocato o notaio

La successione ereditaria

In questo ambito le coppie di fatto  non hanno tutela a livello successorio.

A meno che la coppia di fatto non abbia firmato un contratto di convivenza (redatto da un notaio) che serve a tutelare i diritti di coppia etero o omosessuale nei registri anagrafici, contratto  che ha lo scopo di definire i diritti della coppia in due ambiti principali :

  • personale (per esempio l’assistenza reciproca in caso di malattia o difficoltà)
  • patrimoniale (questioni economiche e di proprietà)

la coppia di fatto, non registrata, non ha molte tutele a livello successori.

Per la coppia convivente non è prevista la successione ereditaria e non è possibile ovviare al problema nemmeno inserendoli nel “contratto di convivenza” in quanto la Legge vieta i patti successori. Le soluzione che ho proposto precedentemente, Trust e testamento, sono già strumenti di tutela che ti consiglio di adottare. Ricorda che facendo testamento devi prestare attenzione a non superare la cosiddetta quota “legittima”o quota riservata dei familiari più stretti. Attenzione anche al peso fiscale dei trasferimenti immobiliari. Il convivente di fatto sul valore corrente dei beni che compongono l’eredità (per gli immobili si prende il valore catastale) deve versare l’imposta di successione all’8% senza alcuna franchigia.

Come soluzione per la protezione del patrimonio in caso di decesso, Michele  potrebbe utilizzare delle polizze assicurative denominata  Unit Linked che sono come dei contenitori di natura mista assicurativa e finanziaria, questo perché investono in fondi o in Società di Investimento a Capitale Variabile (SICAV) e sono quindi contratti correlati ad indici di uno o più mercati borsistici.  Queste polizze garantiscono ai beneficiari l’erogazione di un capitale al verificarsi del decesso dell’assicurato.  Infatti si possono lasciare le somme contenute nella polizza a un beneficiario al di fuori dall’asse ereditario e al di fuori di quelli indicati nel testamento. Queste somme diventano quindi pressoché invisibili ai fini ereditari e possono essere destinate a terzi. Inoltre, si ha possibilità di lasciare parte del proprio patrimonio al convivente senza l’aggravio di imposte di successione maggiorate.

La previdenza

Purtroppo, i legami previdenziali (reversibilità) non sono contemplati tra componenti delle coppie di fatto, stessa cosa per il TFR in caso di morte di uno dei due conviventi. La pensione di reversibilità è prevista per il figlio della coppia.

Tenendo conto che gli strumenti che ti sto per suggerire hanno orizzonti temporali mediamente di lungo periodo, le soluzione che consiglio di adottare sono quella di stipulare una forma di previdenza complementare a favore della compagna.

Qualora Michele fosse stato invece un dipendente si poteva utilizzare un fondo pensione con utilizzo del TFR con beneficiaria la compagna.

Si tratta di strumenti che aiutano a risparmiare (anche mese per mese) e ad accantonare un piccolo capitale secondo le rispettive possibilità. Ma soprattutto, a differenza di tutti gli altri prodotti di risparmio finanziario, consentono la designazione di un beneficiario che può non essere collegato al contraente da vincoli legali né tanto meno da legami di parentela, pertanto si prestano bene per quelle persone che sono appunto conviventi, ma non coniugi o eredi diretti.

La tutela sanitaria

Potrebbero sorgere problemi anche nell’ambito medico. Anche in questo caso esistono soluzioni per cure mediche, infatti si può aprire un fondo di assistenza sanitaria integrativa o una polizza infortuni: : la coppia, infatti, si può tutelare tramite l’iscrizione del partner come soggetto a carico dell’altro. In caso di bisogno quindi interviene il fondo di assistenza.

Un altro rischio che suggerisco di tutelare è l’invalidità da infortunio, che serve a dare copertura economica nel caso in cui uno dei partner non sia più in grado di essere autosufficiente Il capitale suggerito è di di 500.000 euro come la TCM.

Le soluzione possono essere svariate a seconda delle esigenze, ma ritengo che una coppia di fatto, non intenzionata a sposarsi,  debba comunque mettersi ai ripari. Non avere un paracadute economico può essere pericoloso, e solo  tutelandosi correttamente non si avranno sorprese in futuro.

Il miglior investimento per una coppia di fatto è sottoscrivere in questo ordine: TCM, polizza invalidità permanente, protezione sanitaria e con il rimanente si può pensare ad investire nel mondo finanziario tramite gli strumenti suggeriti precedentemente.

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Fideuram 50 anni

Buon compleanno Fideuram

Il 20 ottobre Fideuram ha compiuto 50 anni. Io faccio parte di questa azienda dal 1994, quando decisi, dopo un lungo periodo come direttore di filiale di Carimonte, di diventare promotore finanziario: eravamo ancora chiamati così, prima che, nel 2015, la nostra categoria assumesse la nuove denominazione di “consulente finanziario”.

Fideuram (lo sapevi che il significato del suo acronimo è Fiduciaria europea e americana?), un’azienda che mi ha dato tanto e me lo da tuttora. Tante cose sono cambiate.

Durante i primi giorni del mio nuovo ruolo in Fideuram, camminando attraverso i corridoi degli uffici, appeso alla parete vidi un foglio di appunti risalente proprio al 1968 che era stato incorniciato. Un cimelio! Era un foglio del blocco appunti di Fonditalia International (un fondo comune di investimento, oggi denominato Fonditalia) che rappresentava il Personal Financial Planning.
Prendendo spunto da questo foglio di appunti, Fideuram, nel 1998, ufficializzò  questo strumento di pianificazione degli investimenti e fu la prima banca a strutturarlo come metodologia.

Mi dissero che era stato utilizzato da un collega (Gianfranco Quarantini), il quale lo mostrava ai suoi clienti per fare comprendere la necessità di distribuire il patrimonio per obiettivi basandosi sull’arco temporale del ciclo di vita. Ovviamente la durata di vita media era quella risalente agli anni ‘68/70, differente rispetto a quella odierna.

Si partiva dalla fase dello studio, dove appunto la linea del guadagno era piatta, per poi progredire fino ad avere un picco verso i 50 anni, per esaurirsi verso i 70 anni. Dopo, un grande punto interrogativo. Oggi si va ben oltre i 75 anni.

Capii che quel semplice foglio di appunti sarebbe stato fondamentale anche per me, per spiegare ai miei futuri clienti come distribuire il proprio patrimonio, partendo dalle loro esigenze per la realizzazione dei loro progetti di vita, gli obiettivi cambiano con il trascorrere del tempo, e allo stesso modo mutano le priorità che si danno ad essi.

Foglio appunti Fideuram 1968

Istruzione, casa , tempo libero, viaggi, e soprattutto sicurezza per l’avvenire.

Pensando ad oggi, tu cosa aggiungeresti? Io inserirei: strumenti giuridici per la protezione del patrimonio, l’avvio di una nuova attività professionale, la salvaguardia della salute, l’integrazione della propria pensione, la costituzione di una riserva di capitale per spese impreviste.

George Kinder, uno dei massimi esperti di pianificazione finanziaria e life planning afferma:

Le persone non hanno un obiettivo finanziario, hanno obiettivi di vita che necessitano di risorse finanziarie per essere realizzati

Questo significa che per gestire i propri soldi bisogna definire a cosa serviranno nel futuro e come verranno impiegati.

Bisogna prima individuare gli obiettivi e poi lo strumento appropriato, in linea con il proprio profilo finanziario.

Molto spesso mi sono sentito chiedere dai clienti “ma mi farà guadagnare?” “…e se poi vado in perdita?” io rispondo che rispettando la pianificazione finanziaria, non vi sono e non vi saranno perdite, è  chiaro che se una persona ha bisogno di una necessità improvvisa e disinveste in un periodo di mercato sfavorevole, non posso essere responsabile.
Quindi, attraverso la crescita controllata del patrimonio, la corretta pianificazione finanziaria  e diversificazione, potranno massimizzare i rendimenti nel tempo.

Piramide di Meslow - aree di bisogno dell'investitore

I tempi si sono evoluti, così come i sogni, le passioni e i progetti di vita.
In questi 24 anni ho affrontato tutte le sfide dei mercati globali, i rialzi, i ribassi e nuovamente i rialzi,
sempre disposto a cogliere i cambiamenti socio-economici, senza mai dimenticare di ascoltare i clienti, chiedendo conferma degli obiettivi prefissati, monitorando ed elaborando per loro soluzioni di investimento specifiche e personalizzate.

Buon compleanno Fideuram!

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Come gestire il Trattamento di fine mandato (TFM) senza sorprese

Ho già affrontato cosa fosse il TFM e perché sia necessario utilizzarlo soprattutto per gli imprenditori grandi e piccoli, i quali possono vedersi garantita una somma di denaro da percepire finito il loro mandato o collaborazione, così da poter gestire una pensione complementare.

Da una parte si accumula un capitale che verrà poi erogato sotto forma di indennità, dall’altra si mette in conto all’azienda una spesa che può essere scaricata dal bilancio a fine anno.

Ma come gestire il TFM senza sorprese e, se possibile, con il massimo del ritorno economico?

La risposta è attraverso una polizza assicurativa a copertura del costo legato al TFM.

Nel caso in cui si scegliesse la strada della polizza, se il beneficiario risulta essere l’amministratore, la società dovrà rilevare in contabilità accantonamento del TFM, mentre l’esborso dei premi deve essere rilevato come voce di credito nei confronti della società assicurativa.

Al momento della corresponsione, il capitale viene erogato all’amministratore senza transitare per la società e questa, a livello contabile, provvede a stornare il credito con il fondo accantonato.

Anche in questo caso, l’accantonamento al fondo continua essere deducibile per competenza e nessuna deducibilità aggiunta va riconosciuta ai premi pagati all’assicurazione.

In sostanza, attraverso la polizza si crea la provvista finanziaria utile ad affrontare l’esborso al momento della liquidazione.

Il Prodotto maggiormente utilizzato è la polizza a premi unici ricorrenti in Ramo V (Capitalizzazioni).

Quali sono i vantaggi del prodotto assicurativo?
  • Dà la possibilità di destinare direttamente all’Amministratore gli interessi maturati durante il periodo di accantonamento
  • Il capitale accantonato si rivaluta e spesso la polizza utilizzata prevede una rivalutazione minima garantita con consolidamento del risultato

  • viene salvaguardato l’equilibrio finanziario nell’esercizio in cui verrà corrisposta l’indennità (che viene erogata direttamente dall’assicurazione)

  • rappresenta una garanzia a favore dei beneficiari, poiché i capitali garantiti da tali strumenti sono impignorabili ed insequestrabili

I SOGGETTI COINVOLTI

CONTRAENTE = SOCIETÀ’

ASSICURATO = AMMINISTRATORE

BENEFICIARIO = AMMINISTRATORE O SOCIETÀ

Differenza tra TFM contabilizzato e TFM con prodotto assicurativo
Quali sono gli effetti derivanti dall'utilizzo prodotto assicurativo?

Quindi, se hai letto attentamente lo schema di confronto che ti ho proposto, hai ancora intenzione di lasciare il TFM in azienda?

Ricordati che occorre deliberare il TFM in data certa, come avevo spiegato nel mio articolo precedente !

Se hai bisogno di chiarimenti, puoi contare sulla mia consulenza.

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Il Trattamento di Fine Mandato: perché si dovrebbe utilizzare

Se per i dipendenti esiste il TFR (Trattamento di Fine Rapporto), per gli imprenditori c’è il Trattato di Fine Mandato (TFM).

E’ un accantonamento annuo effettuato dall’azienda di una parte del compenso annuale (o in aggiunta ad esso) spettante all’Amministratore.
In sostanza, anche gli Amministratori di una SRL possono vedersi garantita una somma di denaro da percepire finito il loro mandato o collaborazione, così da poter gestire una pensione complementare.
Possiamo definirlo come una sorta di liquidazione, equiparabile all’indennità del TFR, infatti, la logica è la stessa, ma i due Istituti sono molti diversi in virtù della natura stessa del rapporto di lavoro

Ti spiego schematicamente le differenze:

Perché è importante utilizzare il TFM?

Un’azienda, accantonando ogni mese una cifra destinata all’Amministratore ha delle agevolazioni:

  • abbassa il suo imponibile fiscale, perchè il TFM rappresenta comunque un costo per se stessa, di conseguenza, su questo accantonamento non viene calcolata l’Imposta sul Reddito delle Società (IRES)
  • quando l’Amministratore incasserà quei soldi messi da parte, potrà farlo godendo di una tassazione agevolata.

Voglio precisare che la quota accantonata annualmente e destinata al TFM è totalmente deducibile dal reddito di impresa, mentre i destinatari della liquidazione maturata, gli Amministratori appunto, alla scadenza godranno della tassazione separata.

Cosa succede se non si utilizza il TFM?

Sarebbe una scelta poco previdente, sicuramente si andrebbero a pagare molte più tasse, non si avrebbe la possibilità di difendersi per ridurre il carico fiscale e pagare in modo equo le tasse societarie, rischiando di trovarsi in difficoltà di liquidità. Inoltre, non si avrebbe la possibilità di crearsi un accantonamento previdenziale complementare.

Nel momento dell’accantonamento annuale di un fondo TFM, le società possono in alternativa decidere di optare per una polizza assicurativa, ma di questo ne parlerò successivamente.

L'importanza della data certa

Ma torniamo alle caratteristiche del trattamento di fine mandato.

L’unico vincolo da rispettare è che l’accordo tra la società e gli stessi, concernente l’indennità di fine rapporto, derivi da un documento di data certa (strumento che permette di dimostrare giuridicamente che un dato documento è stato con certezza formato o comunque sussiste a una determinata data), anteriore all’inizio della collaborazione.

Stabilire una data certa è importante, perché si garantisce la deducibilità annuale degli accantonamenti del TFM.

Senza data certa invece, non si perde la deducibilità degli accantonamenti, ma si dovranno dedurre nel momento in cui il TFM viene erogato. In questi casi infatti, l’Agenzia delle Entrate, potrebbe non riconoscere la deducibilità annuale degli accantonamenti.

UN ESEMPIO DI TFM SENZA DATA CERTA

Una SRL decide, nel corso del 2017, di accantonare un’indennità di fine mandato a favore dell’amministratore unico.

L’amministratore è stato nominato a tempo indeterminato in sede di costituzione della società in marzo 2012, ma nulla è stato previsto a questo riguardo nello statuto.

In questo caso, manca il presupposto per la deducibilità dell’accantonamento. Come ho già ribadito, c’è la necessità della data certa anteriore alla nomina per la regolare deducibilità del costo del TFM in bilancio

Quale soluzione adottare?

  • l’amministratore deve dare le dimissioni
  • procedere con una rinomina di un altro amministratore, preceduta dall’apposizione della data certa alla delibera assembleare che attribuisce il trattamento.

Altro aspetto importante è il PRINCIPIO DI CONGRUITÀ

Non esiste al momento alcun vincolo legislativo che condizioni la determinazione dell’ammontare dei compensi riconosciuti agli amministratori, risulta infatti abbastanza complesso andare a determinare qual è l’importo che si può  attribuire a titolo di accantonamento.
La valutazione deve essere fatta caso per caso, tenendo conto di tutte le variabili che consentono l’identificazione di un importo congruo: la realtà economica dell’azienda, il volume di affari o di reddito, l’attività di amministratore.

Per quello che il disporre di una “data certa” è necessario, così da poter dimostrare che l’accantonamento è stato realmente deliberato.

Nella prassi, l’importo massimo che viene accantonato si attesa intorno ad un 15- 20% del compenso annuo.

Come funzione la tassazione separata del TFM?

Questo tipo di tassazione (regolata dall’Art. 21, comma 1 del D.P.R. 917/86 che recita “L’imposta è determinata applicando all’ammontare percepito, l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore in cui è sorto il diritto alla percezione

Ma cosa accade nello specifico per l’indennità di fine mandato?

Esempio:

  • REDDITO DEL 2013: 40.000 euro
  • REDDITO DEL 2014: 60.000 euro
  • REDDITO DEL 2015: 56.000 + TFM da liquidare 100.000 euro= 156.000 euro

Metà del reddito complessivo netto del biennio (40.000+60.000): 2 = 50.000 euro

Prendiamo come riferimento le aliquote IRPEF del 2015 (anno in cui venne liquidato il TFM)

CALCOLO DELL’IMPOSTA SUL REDDITO MEDIO DI 50.000€

  • euro 3.450 sul primo scaglione (15.000 x 23%)
  • euro 3.510 sul secondo scaglione (13.000 x 27%)*
  • euro 8.360 sul terzo scaglione (22.000 x 38%)**

 

*il valore di 13.000 nasce dalla differenza tra 28.000 valore massimo del secondo scaglione e 15.000 valore massimo del primo scaglione
**il valore di 22.000 nasce dalla differenza tra 50.000 valore del reddito dichiarato  e 28.000 valore massimo del secondo scaglione

Se l’importo non fosse accantonato in TFM

La tassazione risulterebbe superiore, perché sarebbe stata applicata l’aliquota corrispondente allo scaglione IRPEF di riferimento e non quella della tassazione separata.

Attenzione però:

  • il TFM con somme superiori a 1.000.000,00€ devono essere sottoposte a tassazione ordinaria e rientrare quindi nel reddito complessivo (vedi Decreto “Salva Italia” n.201/2011). Per cui ad oggi, l’Amministratore continua a godere della tassazione separata per il TFM maturato fino all’importo di 1.000.000,00€
  • L’indennità relativa al TFM è soggetta a contribuzione INPS fino al massimale contributivo (al momento ammonta a 100.324,00€). Questa contribuzione è applicata seguendo le normali regole per i compensi dei collaboratori coordinati e continuativi  quindi a carico per un terzo del collaboratore e due terzi a carico dell’azienda.

Nel momento dell’accantonamento annuale di un fondo TFM, le società possono in alternativa decidere di optare per una polizza assicurativa, ma di questo ne parlerò successivamente.

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