CAT STEVENS: il passaggio generazionale a modo suo
Ma che cosa c’azzecca un cantautore inglese degli anni settanta con la pianificazione finanziario/successoria nel 2017
Correva l’anno 1972, Cat Stevens cantava Father and Son, a mio avviso una delle più belle canzoni mai scritte centrata sul rapporto padre – figlio, che contrappongono da un lato, il padre più maturo, dall’altro il figlio giovane che freme dalla voglia di “andare” di inseguire i propri sogni, di intraprendere un proprio cammino personale.
Ma che cosa c’azzecca un cantautore inglese degli anni settanta con la pianificazione finanziario/successoria del 2017?
Direi che il collegamento ci sia, perché in qualche modo questa canzone affronta il tema del passaggio generazionale, un dialogo appunto, un padre da un lato, il giovane figlio dall’altro, un confronto, che non porta alla comprensione reciproca: da un lato il padre che, consapevole dei propri doveri nel confronto del figlio, cerca di proporre le sue raccomandazioni, chiedendo al figlio di stare calmo, chiedendogli:
“Non correre, avrai tempo sei giovane, cercati una brava ragazza, fatti una famiglia“
Dall’altro lato un figlio giovane, irrequieto, il quale intravvede per sé invece un cammino diverso, una strada che sa fin d’ora lo porterà altrove.
Un figlio che ascolta in silenzio il padre, ma poi risponde che sceglierà da solo il proprio cammino, una scelta che sa non essere condivisa ma che dovrà seguire comunque da solo.
Ora, potremmo tradurre questa bella canzone in termini di rapporti e relazioni all’interno di una famiglia imprenditoriale.
In molti, troppi casi, i figli dell’imprenditore a vario titolo, rimangono coinvolti in maniera più o meno forzata nei destini dell’azienda, con il risultato, fin troppo prevedibile, di mettere in serio pericolo la continuità aziendale, vuoi per mancanza di interesse, vuoi per mancanza di qualità personali o competenze specifiche, vuoi per un pericoloso mix di quanto detto poc’anzi.
In questi casi un buon servizio di consulenza non può esimersi nel coinvolgere da un lato l’imprenditore, la famiglia tutta e dall’altro i professionisti, che solitamente intervengono in questi casi, il commercialista, il notaio, l’avvocato, il consulente finanziario. Bisognerebbe poi a mio avviso, sedersi tutti insieme intorno ad un tavolo e valutare fra le varie possibilità un’alternativa, ancora poco applicata in Italia, ma molto conosciuta nei paesi anglosassoni.
Quella di assumere un manager a tempo per la gestione dell’azienda
Facendo in modo che, quando il titolare non ci sarà più, ai i figli resterà soltanto una partecipazione agli utili, ma senza potere decisionale
Una soluzione di questo tipo potrà contrastare efficacemente tutta una serie di problematiche che andrebbero a detrimento dei rapporti famigliari ed eliminando sul nascere eventuali dissidi interni che contribuiscano alla cattiva gestione dell’azienda.
Un manager a tempo infatti, possiede tutte le competenze necessarie per poter far proseguire il cammino dell’azienda secondo i desideri del suo titolare, liberando i figli da una responsabilità non richiesta, rendendoli di conseguenza liberi di proseguire in serenità il loro personale cammino.

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Giulio Zaccarelli

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